La tradizione del coltello nasce con l’uomo: probabilmente è il primo strumento che il nostro antenato primordiale si è procurato per vivere. Basti pensare alle pietre di selce scheggiate e affilate presenti nei musei di storia naturale per capire come potesse essere questo arnese agli albori. È interessante pensare che tale oggetto sia cresciuto ed evoluto con l’uomo al passare dei millenni e dei secoli, diventando sempre più compagno di guerre battaglie, compagno nelle costruzioni, compagno di vita quotidiana. Tralasciando tutto il grande ruolo che l’arma da taglio per eccellenza ha avuto come fedele strumento di conquista per i popoli antichi (citiamo soltanto per dovere di cronaca il pugnale di Serse, la spada di Leonida re di Sparta, la daga romana di Marco Aurelio), passiamo a descrivere il ruolo del coltello nei nostri ultimi 2 secoli.
Già dai primi dell’Ottocento il coltello occupa un posto d’eccellenza tra gli accessori maschili di utilità quotidiana. Ogni professione era caratterizzata da un particolare coltello che veniva portato e utilizzato al momento del bisogno. Questa tradizione è stata notevolmente incrementata e seguìta proprio dal popolo italiano: in ogni regione a tutt’oggi si riesce a ritrovare un coltello tipico del luogo e della zona. Si entrerà nel dettaglio nelle prossime righe, passando a descrivere i tipici coltelli italiani. La cosa che più ci preme sottolineare è come ancora oggi il coltello è e rimane un oggetto fortemente legato all’uomo elegante: non è infatti raro notare, in un ristorante di qualità, un uomo di stile sfoggiare durante la cena un coltello richiudibile personale per affettare la propria fiorentina o degustare qualunque altro piatto per cui sia necessario l’utilizzo di una lama affilata. Tale usanza deriva dalle antiche tradizioni che abbiamo menzionato, per cui il coltello faceva parte delle operazioni quotidiane, dal cacciare al mangiare al difendersi, e proprio per questo suo ruolo di fedele aiutante nelle operazioni di sopravvivenza il coltello non si è mai allontanato dall’uomo. Oggi più che mai lo troviamo vicino a quegli uomini che fanno della tradizione e delle origini l’esempio da seguire. Ovviamente oggi il coltello di un gentiluomo ha un ruolo diverso da un tempo e, pur conservando le sue funzioni di arma da taglio, viene utilizzato appunto al ristorante o nelle piccole occasioni del tempo libero in cui se ne necessiti l’uso. È sicuramente molto appagante, per gli amanti del bello e dell’artigianato di alta qualità, sfoggiare coltelli interamente realizzati a mano con materiali di pregio, magari in lama damascata o con manici di materiale prezioso (dal corno, semplice e pur bello, fino ad arrivare a oro e addirittura a pietre preziose). Così come il gentiluomo attento allo stile e all’eleganza utilizzerà pipe di alto livello, accendisigari particolari e di qualità, in egual maniera utilizzerà coltelli da tasca di fattura pregevole o antica: di gran gusto è sfoggiare un coltello con segni di usura appartenente alla nostra famiglia da più generazioni.
Come si accennava prima, il nostro Paese, ricco di artigianato di altissimo livello, occupa anche in questo settore un posto di eccellenza. Nelle nostre regioni così belle e così diverse per caratteristiche ambientali e culturali è possibile trovare numerose tipologie di coltello, ognuna peculiare di una certa zona. Io stesso ho personalmente amato il coltello regionale italiano e, nel tempo, ne ho raccolte molte che mi accingo a descrivere:
Anconetano. Coltello da pescatori tipico di tutta la costa adriatica centrale. La sua particolarità è costituita dalla molla piatta fissata all’esterno, sul dorso del manico. All’estremità iniziale del manico stesso è presente un gradino dorsale, breve ma netto, utilizzato un tempo per rammagliare le reti da pesca. È un modello in punta di corno.
Arburese. Arbus è, insieme a Guspini e a Gonnosfanadiga, uno dei maggiori centri della zona mineraria del Sud-Ovest della Sardegna, e le tre località sono anche note per la loro produzione di coltelli. Tra questi vi sono vari modelli a lama panciuta con guance in corno bovino lucido, segno distintivo della provenienza sarda.
Bergamasco. Coltello senza molla dalla linea molto caratteristica, rappresentativo della civiltà contadina e pastorale delle valli bergamasche, dove veniva realizzato con manico in legno. Pratico e leggero, nella sua semplicità è uno dei coltelli più belli della tradizione italiana ed è da tempo apprezzato ben al di fuori della sua zona originaria.
Caccia mugellano. Coltello da caccia munito di estrattori per le cartucce e caratterizzato, specialmente in passato, da varie forme. A Scarperia, la più diffusa e già in uso fin dai primi del Novecento possiede una larga lama a foglia e deriva probabilmente da modelli più antichi. Munito di molla, con manico a struttura metallica, risulta particolarmente robusto e apprezzato per impieghi anche al di fuori dell’attività venatoria.
Calabrese. Originario della Calabria, questo coltello dalla lama diritta e appuntita possiede però un manico nel più tipico stile toscano, ha una guarnizione composta da due ghiere rotonde, similmente al Fiorentino, anche se più piccole. Si suppone sia avvenuta in passato una profonda rielaborazione dei coltelli tipici calabresi da parte degli artigiani toscani che, come spesso è accaduto, hanno poi attinto ampiamente alla propria tradizione.
Casertano. La caratteristica più evidente di questo modello sta nel filo della lama, interamente diritto sino alla punta. Il Casertano si prestava così a svariati utilizzi, grazie al tagliente rettilineo che si richiudeva in un manico dalla forma semplicissima. Tale soluzione venne molto apprezzata in tempi e luoghi diversi anche al di fuori della sua zona originaria, tanto da essere tutt’ora diffusa.
Fiorentino. È il coltello tipico di Scarperia. Derivato da modelli dell’Ottocento, è da sempre molto apprezzato per le doti di praticità e leggerezza. L’esemplare è munito di molla ma senza struttura metallica interna. La fascetta è formata da una coppia di lamine inserite sul corno e limate alla pari. Sul manico è inserita l’effigie del giglio, celebre stemma della città di Firenze. La caratteristica coppia di ghiere rotonde rifinisce il piede.
Gobbo abruzzese. Questo coltello dalla forma slanciata e dal manico curvo deriva da modelli antichi, usati dai pastori d’Abruzzo. Il suo nome deriva dalla particolare piega del manico, che gli ha valso il nome di Gobbo. Risale alla fine dell’Ottocento e ad oggi è privo di modifiche appariscenti rispetto al tipo originario, dotato di molla semplice e di manico di corno bovino in un solo pezzo.
Maremmano. Le prime notizie certe su questo coltello risalgonoal 1848. Un esemplare, datato 1871, è conservato nell’Archivio di Stato di Firenze, allegato agli atti di un processo a carico di un pregiudicato. Su di esso è ben visibile il marchio di un fabbricante di Scarperia, Gustavo Buffi. La forma della lama è quella con dorso angolato, mantenuta anche nel Novecento e presente nei cataloghi di varie ditte scarperiesi. Il Maremmano è un modello in punta di corno.
Maresciall. Pare che fosse il prediletto dalla malavita milanese dell’800; è denominato Maresciall forse per le due guarnizioni d’acciaio sul manico che assomigliano ai gradi militari. È un coltello a serramanico con molla comune, lama molto acuminata, manico in corno di bufalo, legno serpente o avorio fossile.
Mozzetta. Questo coltello deve il suo nome alla punta mozza, come se la lama fosse stata troncata. Coltelli privi di punta divennero assai più diffusi con la legge Giolitti del 1908 che fissò a soli quattro centimetri la lunghezza della lama dei coltelli appuntiti. Per le mozzette il limite saliva a dieci centimetri, offrendo la possibilità di portare tranquillamente in tasca un coltello di misura sufficiente senza rischiare di incorrere nei rigori della legge.
Napoletano. Il Napoletano, di vecchia produzione, è un coltello in punta di corno di forma allungata, adatto sia al taglio che all’uso di punta. Non è chiaro a quale dei coltelli tradizionali dell’area partenopea si ispiri: probabilmente era utilizzato dai malavitosi nei primi dell’800 che nella zona portuale affilavano e appuntivano coltelli da pescatore.
Palmerino. È un vero e proprio temperino. Veniva fabbricato come modello da scrittoio e in passato veniva impiegato per fare la punta alle penne d’oca e alle matite. Fin dalla sua nascita è sempre stato privo di molla e poteva avere da una a due lame; inconfondibile la forma del manico, in un unico pezzo di corno. Il nome deriva dal fatto che nei cataloghi dei primi anni del Novecento questi articoli erano indicati come “Temperini uso Palmerini”, che era in realtà il cognome di un rinomato fabbricante dell’Ottocento.
Pattada. Coltello tipico della tradizione sarda, è originario dell’omonima località in provincia di Sassari. Il manico è formato da due metà fissate da una fila di ribattini. L’assenza di molla è tipica del modello originale, mentre la sagomatura delle superfici e l’impiego del corno bovino risentono della tradizione fiorentina. La lama dalla forma chirurgica è dovuta all’utilizzo che i pastori sardi ne facevano in piccoli interventi di chirurgia veterinaria su ovini e caprini. Ottimo anche nel taglio e per la degustazione dei formaggi sardi.
Rasolino. Il nome di questo coltello deriva dalla forma della lama, che ricorda quella del rasoio. Ebbe diffusione in seguito alla legge Giolitti del 1908, che poneva limitazioni severissime al porto dei coltelli appuntiti e che favorì la produzione di vari modelli a punta tronca. Il Rasolino si distingue per la leggera curvatura all’indietro della lama e per la forma del manico. Ne esiste anche una versione con tagliasigari, in punta di corno come la versione normale.
Romano antico. Questo è il famoso coltello dei duelli trasteverini dell’800, il cui caratteristico rumore dei tre scatti all’apertura della lama sanciva l’inizio di una sfida tra uomini d’onore. Principalmente realizzato in corno con zigrinature lungo i manici, è un coltello di notevoli dimensioni. Chiuso può essere lungo anche 25 cm e veniva portato alla cintura, sotto il mantello. All’apertura, la lama lunga fino a 25 cm assumeva quasi le caratteristiche di una spada.
Ronchetto valtellinese. La lama ricurva ricorda, in misura ridotta, quella della roncola. Tra i tanti ronchetti italiani questo, originario della Valtellina ed impiegato soprattutto nella viticoltura, possiede una linea particolarmente aggraziata. Come gran parte degli umili strumenti destinati al lavoro agricolo, il manico era realizzato generalmente in legno, ma a volte viene utilizzato il corno bovino lucido per esaltarne la purezza della forma.
Senese. Il nome indica chiaramente la zona d’origine. Già prodotto nelle campagne senesi nell’Ottocento, subentrò a un modello più antico detto a scimitarra per la forma incavata del dorso della lama verso la punta. L’utilizzo era per taglio di pelli animali per la realizzazione di oggetti quali indumenti e sacche in cuoio. Il manico non ha guarnizioni metalliche, a parte le minuscole raperelle su cui sono ribattuti i tre perni; è inoltre assottigliato all’estremità, risultando così particolarmente leggero, ed è realizzato in corno pieno.
Tre pianelle. Il nome di questo coltello, tipicamente toscano e scarperiese, deriva probabilmente dalla lavorazione della lama, che presenta tre piani su ciascuna faccia. Nell’Ottocento si fabbricavano a Scarperia tre diversi modelli che facevano parte del gruppo dei coltelli a stile che differivano però nella lavorazione delle facce della lama. Scomparsi gradualmente i primi due modelli, nel Novecento ne rimase in produzione uno solo. Nonostante la forma aggressiva della lama, non si trattava di un coltello proibito: le norme del Granducato di Toscana prima e del Regno d’Italia poi ne consentivano infatti l’impiego.
Vernante. Il nome di questo coltello deriva dal paese di Vernante in provincia di Cuneo, e la sua particolarità è dovuta alla lama munita di prolungamento posteriore terminante con un’espansione a bottoncino che a coltello aperto va a poggiare contro il dorso del manico per fermare il movimento di apertura della lama. Si tratta di un sistema antico, abbastanza diffuso nei secoli passati per realizzare coltelli semplici senza molla, ma oggi quasi completamente scomparso. Il Vernante rappresenta quindi un’interessante sopravvivenza. È principalmente realizzato in legno d’acero.