La frase ‘ci piace l’uomo che non ha paura di piangere’ è una delle trappole femminili per deviralizzare l’uomo che hanno accanto e renderlo vulnerabile. Lacrime che quasi mai sono corrispondenti ad una vera sensibilità. Sono lacrime di bimbo o di donna, emotive e uterine. Siamo inondati da uomini che aprono le tubature al minimo intoppo emotivo: manca il cane, la nonna che faceva le torte buone, manca la ragazza con cui andavo al cinema, quel telefilm finisce troppo male…
Ho visto padri piangere nell’andare a prendere i figli all’asilo…
La banalizzazione delle lacrime le rende poi inadatte a sottolineare un vero pathos susseguente i veri drammi della vita.
Viviamo in una sceneggiata continua in cui tutti, vestiti di nero, si piange dietro la bara del maschio che non c’è più.
E ciò che è ancora peggio, ci si asciuga gli occhi con i fazzoletti di carta.
Dal Corriere della Sera online di oggi
Cari maschi, almeno non piangete
Divi De Niro, Moretti, Pitt: commossi dopo gli applausi. Speriamo che non diventi una moda
da uno idei nostri inviati MARIA LAURA RODOTA’
CANNES – No, le lacrime no. Era meglio il dibattito, al limite. Quello che Nanni Moretti non voleva in Io sono un autarchico. Quello che un tempo i maschi acculturati affrontavano per imporsi. Ora – si cita sempre Moretti – fanno altro, hanno deciso che se piangono sul red carpet li si nota di più. Si è commosso la prima sera il presidente della giuria Robert De Niro, e lo si è perdonato; ha una certa età, ha sentito l’affetto del pubblico. Si è sciolto in lacrime Moretti dopo gli applausi alla proiezione ufficiale, e lo si può capire; aveva presentato un film su cui scommette molto, la visione per i media aveva diviso i giornalisti, era stressato. Poi l’altra sera ha pianto pure Brad Pitt; dopo The Tree of Life, film fischiato da varie iene dattilografe, ha fatto la sua figura da bello con emozioni. E’ un bello ultraquarantenne tallonato da giovani attori aitanti, e si ripropone così.
Ma per carità, che non diventi una moda. Non solo perché, se piange un nostro marito, fidanzato o amico, avremmo gioco facile a dirgli «e smettila, mica sei Brad Pitt». A volte è un bene, considerando come Pitt si è comportato con la povera Jennifer Aniston. A volte è chiaro che non bisogna fidarsi, Pitt si fece conoscere con Thelma e Louise in cui rubava i soldi a Geena Davis spingendo lei e Susan Sarandon al crimine. Va bene, era un film; ma – a Cannes lo si capisce meglio che altrove – l’impasto senza soluzione di continuità tra film e vita aiuta a capire meglio comportamenti e pulsioni. E il tana liberi tutti sulle lacrime non ha l’aria di poter produrre nuovi maschi attenti ed emotivamente paritari. Casomai, emotivamente ancora più dipendenti; però sempre, diciamo, egoriferiti. Perché sono sempre quelli che conosciamo. Non tutti, ma molti sì. Di questi tempi, magari aggressivi (o passivo-aggressivamente un po’ sadici), ma raramente coraggiosi. Simpaticamente tronfi, di rado solidi. E adesso piagnucolosi, ma spesso poco sensibili. Le donne che con loro vivono o che li frequentano – senza essere la cupa e decisionista Angelina Jolie, poi – si sono da tempo dovute attrezzare per amministrare le loro nevrosi, le loro ansie sul lavoro, le loro inadeguatezze familiari. Nei film di Cannes (dove finora i maschi non fanno una gran figura, se si escludono i fiabeschi personaggi di Aki Kaurismaki) come nella vita. Per cui, per favore, autocontrollo. Non siete sul red carpet, ragazzi, almeno non piangete.
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