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15 Marzo 2011
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15 Marzo 2011

Stilemaschile.it: gennaio 2011 – Amici dal ridere

Pubbblicato da Alfredo de Giglio in 15 Marzo 2011

E’ in preparazione il numero di marzo di Stilemaschile. Nell’attesa, rileggete gli articoli del numero online.

di Alfredo de Giglio

Un libro celebra una delle più grandi coppie dello spettacolo del ‘900. Due personalità uniche e irripetibili unite da quella forte alchimia che si chiama amicizia. (Il Direttore)

Quindici anni fa se ne andava Dean Martin (Steubenville, 7 giugno 1917 – Beverly Hills, 25 dicembre 1995), uno dei più grandi protagonisti dello show-business americano del secolo scorso, ribattezzato ‘The King of Cool’ da Elvis Presley che ne ammirava il fascino e l’apparente distacco con cui si esibiva. Mai una volta, riguardando a distanza di decenni i suoi spettacoli, lo si vede affaticato o vagamente concentrato. Era in perenne sospensione.
Per un lungo periodo Martin visse all’ombra del partner artistico, Jerry Lewis (Newark, 16 marzo 1926), che se da giovane prometteva bene, da grande si rivelò un autore/regista unico e geniale.

Non era facile quindi coesistere con un ruolo da spalla comica, eterno secondo, usato per riempire con canzoni melense gli sketch irresistibili dell’altro.

Questa era, in sintesi, la situazione che si era creata tra Lewis e Martin dopo qualche anno dal loro debutto ufficiale (1946).

Solamente il tempo, e la folgorante carriera da solista di Martin riscrissero il racconto con un altro tono.

Ma andiamo con ordine.

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Nel 1946 gli USA, reduci dalla partecipazione alla Seconda Guerra Mondiale, avevano una gran voglia di ridere e di lasciarsi alle spalle tragedie come Pearl Harbour.
Parallelamente, un giovane figlio d’arte (non molto alta vista la carriera di scarso livello del padre) Joseph Levitch muoveva i primi passi nello spettacolo guidato da due certezze: essere famoso e fare un mucchio di soldi.
Un giorno Joseph, da ora in poi Jerry, incontrò a New York un ex-pugile italoamericano di nome Dino Paul Crocetti. Racconta che era bello, talmente bello da non crederci. Tra i due scoccò la scintilla: Jerry vedeva in Dean un fratello maggiore, che ci sapeva fare con le donne e che ti proteggeva dai bulli, Dean vedeva in Jerry un amico fragile ma fortemente determinato, che poteva sopperire alla sua indolenza caratteriale e permettergli di riscattare una esistenza sin lì non certo memorabile.

Per un puro caso i due arrivarono ad esibirsi insieme: fu un successo mai visto prima. In pochissimi giorni conquistarono tutto il mondo dello spettacolo americano, inanellando trionfi su trionfi nelle migliaia di serata fatte coast-to-coast.

Il canovaccio era questo: un classico crooner cerca di allietare con qualche nota melodia il pubblico astante quando un goffo e dinoccolato ragazzino entra in scena sabotando lo spettacolo.

Dai locali al cinema il passo è brevissimo: dal 1949 al 1956 girano ben 17 film! Tutti in testa al botteghino.

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Ma poi qualcosa si ruppe. Produttori, stampa e gran parte del pubblico parteggiavano per il ‘ragazzino scemo’, relegando Martin in un ruolo sempre più subordinato. E non solo. Emersero differenze caratteriali inconciliabili. Mentre Lewis desiderava diventare un grande regista, affascinato da sempre al meccanismo narrativo e comico del film, Martin staccava la spina sempre più spesso. Giocava a golf, guardava western alla tv, centellinava le apparizioni. L’arrivista Lewis e il distaccato Martin si separarono nel 1956, gettando l’intera nazione, e non stiamo esagerando, nella disperazione.

La nuova vita iniziò per entrambi in sordina ma si rivelò piena di nuovi ed insperati successi.

Lewis apprese da Frank Tashlin, ex disegnatore di fumetti, l’arte della messa in scena. Esordì così alla regia con ‘Ragazzo tuttofare’ (1960), a cui seguirono capolavori come ‘L’idolo delle donne’ (1961) e ‘Le folli notti del dottor Jerryl’ (1963). Diventò ben presto un regista celebrato in ogni parte del mondo, e soprattutto in Francia, dove i critici della nouvelle vague lo veneravano come l’unico  autore americano davvero innovativo. Cosa in parte vera se si pensa che fu il primo a visionare, grazie a monitori, i giornalieri (il materiale girato quotidianamente) direttamente sul set.
Sulla tecnica cinematografica Lewis scrisse anche un libro, ‘The Total Film-Maker’ e si dedicò per un periodo all’insegnamento (Università di Los Angeles).

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A carriera iniziata oramai da qualche anno, Martin ottenne i primi veri successi musicali. ‘That’s Amore’ (1954) e ‘Everybody loves somebody sometimes’ (1958), lo accreditarono come unico avversario di Sinatra nella melodia classica. In tv, il network NBC gli propose nel 1965 un accordo multimilionario per condurre degli show settimanali tutti suoi, che dureranno seppur con diverse pause e vari nomi sino al 1984. Al cinema, tre grandi film ne esaltarono la bravura  da attore drammatico sinora rimasta sottotraccia: ‘Giovani leoni’ (1958), ‘Un dollaro d’onore’(1959) e ‘Qualcuno verrà’ (1959). Recitò per registi del calibro di Howard Hawks e Vincent Minneli, accanto a Marlon Brando, Montgomery Clift, John Wayne e Frank Sinatra.

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Proprio Sinatra fu l’alfiere di un altro periodo d’oro, giacché lo cooptò nel nuovo gruppo di amici-colleghi, il Rat Pack. Jerry Lewis, nel libro ‘Dean & Me’, pubblicato qualche anno fa ma solo ora disponibile in Italia grazie a Sagoma editore, ricorda: “Frank fu sempre un fanatico della coppia (Martin-Lewis, ndr), e aveva un rispetto incredibile per noi due presi individualmente. Ogni volta che Dean era preoccupato, io pensavo: Frank Sinatra idolatra poca gente,ma Dean è di sicuro uno di loro. Era complicato. Frank era tenero sotto la sua scorza dura, un cocco di mamma che, malgrado le innumerevoli conquiste, non si sentì mai abbastanza macho. Dean era l’uomo perfetto, ed era uno spirito libero, totalmente a suo agio con se stesso, o quantomeno bravissimo nel convincere il mondo che lo fosse”.

“Frank ammirava molte cose in Dean, ma una delle maggiori era la capacità di improvvisazione che aveva sul palco. La sua parlata strascicata e il suo tempismo perfetto gli suscitavano la stessa ammirazione che provava Dean per il modo in cui Frank interpretava le canzoni. Esibirsi insieme sembrava essere una mossa perfetta per le loro carriere. E quello che successe nell’attimo in cui Dean e Frank salirono insieme sul palco al Sands, fu che fecero una nuova versione di Martin e Lewis, con Dean in quello che era stato il mio ruolo – il buffone insolente (anche se, ovviamente,era meno passionale di me) – e Frank a interpretare quello serio. Funzionò a meraviglia. Rese divertente Frank e finalmente dimostrò al mondo che comico brillante fosse Dean. Sapeva fare assolutamente tutto”.

Di contro, Dean trovava in Frank un altro carattere deciso, intraprendente e arrivista, che lo coinvolgeva, lui così solitario e indolente e soprattutto privo di qualunque pretesa artistica, in un film, uno spettacolo, un nuovo progetto.

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In questi 54 anni che ci separano dal divorzio della coppia, Martin e Lewis continuano a brillare nell’empireo delle star, per motivi e ruoli diversi. Entrambi sono passati alla storia più per quello che hanno fatto singolarmente, dopo la loro unione, durata appena 10 anni.

Ma di loro due, al di là dei film ancora piacevoli, rimane una cosa sola: l’immagine di una grande amicizia. Un sentimento maschile puro, uno dei più nobili. Che lega due persone intrecciando stili di vita e affinità caratteriali, capacità artistiche e aspettative esistenziali.
Una catena forte, l’amicizia, una somma che esalta le singolarità. Basta guardare qualche filmato delle esibizioni di Martin-Lewis o del Rat Pack per rendersene conto.

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E l’amicizia è il filo conduttore del succitato libro ‘Dean & Me’, scritto da Lewis in ricordo dell’amico/nemico. Si apre con il colpo di fulmine tra i due artisti squattrinati e si chiude con una immagine commovente, quando Lewis incontra casualmente Martin in un ristorante. Ha 66 anni, mangia da solo, ed è messo molto male. “Ci sono sessantaseienni giovani e sessantaseienni vecchi, e Dean faceva parte decisamente dei secondi. Non so se fosse per tutto il sole che aveva preso in quegli anni, o per la tristezza accumulata nevita, o solo una faccenda genetica.a mi rattristò moltissimo”.

La morte del figlio Dino Jr (in un incidente aereo nel 1987) lo fece infatti invecchiare di colpo. Da allora i due ripresero a parlarsi, perlopiù telefonicamente. Sino al Natale del 1995, giorno in cui Jerry perse il suo partner e noi ‘The King of Cool’.

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Alfredo de Giglio
Alfredo de Giglio
25 anni di esperienza nella comunicazione, nel giornalismo e nel marketing. È stato capo Ufficio Stampa di multinazionali come Hilton International e Avis Autonoleggio; ha creato e sviluppato progetti di comunicazione per BAT, Manifatture Sigaro Toscano, Corpo Forestale dello Stato e molte altre aziende. In campo giornalistico, è stato Direttore Responsabile di alcuni magazine. Autore di numerosi articoli per testate nazionali su argomenti quali lifestyle, travel, motori, cinema, alta orologeria. Nel 2010 fonda il laboratorio editoriale Stilemaschile per dare a tutti gli uomini eleganti qualcosa da leggere, finalmente...

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