Dicevamo come la mancanza di produttori professionisti sia una delle cause endemiche della penuria di film decenti in Italia. Già scarseggiano in tutto il mondo ma qui la situazione è peggiore.
Se David O. Selsznick fu l’artefice di capolavori dell’epoca d’oro di Hollywood, Dino de Laurentiis ebbe un duplice pregio: lavorò nel nostro paese dando vita a molti successi neorealisti e post-neorealisti (Riso Amaro, Un americano a Roma, Malafemmena, Europa ’51, Le notti di Cabiria…), si trasferì negli USA dove produsse numerosi capolavori di respiro internazionale (Serpico, I tre giorni del Condor, Conan il barbaro, Dune, L’anno del dragone, Manhunter…).
In entrambe le industrie cionematografiche seppe sposare istanzi autoriali a necessità di incassare bene. Non a caso, lavorò con Fellini, Rossellini, Visconti, Scola, Milius, Lynch, Cimino, Forman.
Spesso compì scelte coraggiose pagate con grandi flop, come il caso di Dune di Lynch.
Questa è la motivazione che accompagnò la sua nomina a Cavaliere del Lavoro, nel 1966.
Adesso ci rimane il nipote. Purtroppo.
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