E’ in preparazione il numero di marzo di Stilemaschile. Nell’attesa, ripassate gli articoli del numero ora online.
Un nuovo tipo di uomo sta avanzando prepotentemente dettando nuove coordinate dell’eleganza maschile. A noi non piace per niente, scusate la diplomazia, e vi spieghiamo perché. (Il Direttore)
Un noto mensile dedicato all’uomo fuori dagli schemi (che può essere unico solo coi soldi…) presenta ai lettori una novità mondiale. Roba da strapparsi i capelli. Un noto sarto, uno che ha la capacità tecnica (e su questo non ci piove) ma anche una gran voglia di far parlare di sé con iniziative discutibili (e su questo ci grandina), annuncia che dopo 40 anni di duro lavoro ha portato a compimento una soluzione che risolverà le serate di migliaia di uomini d’affari. Quando si è sempre in viaggio ci si porta un bagaglio piccolo che ci costringe a optare per capi versatili. Tra questi non c’è quasi mai spazio per lo smoking. Ma cosa accade se riceviamo un invito con tanto di black tie? Facile. Prendiamo un collo a scialle, di seta, e con dei pratici bottoncini lo ancoriamo ai revers della giacca. Tutto il resto sarà normale. Due o tre bottoni, spacchi dietro, pantaloni con risvolto e senza fascia laterale. Ma che importa. D’incanto lo scialle abbottonato ci trasformerà da Clark Kent in Superman e potremo fare bella figura al party notturno. Roba da matti.
Il problema vero non sta nell’acume di chi ha inventato tale stratagemma stilistico, ma in chi queste cose le comprerà. Se nemmeno i sarti più anziani e stimati rimangono immuni da tali trovate mi dite chi resta come depositario di un’eleganza intesa come trait d’union tra storia, stile e vivere maschile?
All’inizio degli anni ’80 esplode la moda, con carico annesso di supermodel e stilisti gay italiani. C’è chi si inventa la giacca destrutturata quando a Napoli l’avevano sempre fatta; chi usa le camicie in seta con stampe di catene e teste di cavallo, chi si inventa colori come il ‘greige’, unione del grigio e del beige, chi infine da miliardario dichiara che i veri eleganti sono quelli in tuta da operaio. Intorno a queste piccoli colpi di teatro un mondo che cambia ogni 6 mesi e un popolo che abbocca senza opporre resistenza.
Poi dal basso sono nate altre tendenze, la moda da strada (lo streetwear) e quella‘cafona’, che esaspera i singoli elementi sino a proporre buchi con intorno un jeans, camicie traforate da uomo, mutande griffate, piumini in plastica lucida nera modello busta per la spazzatura.
Ora la moda è accessibile a tutti, ma proprio a tutti.
Il ceto medio-alto quindi, stufo di nomi che hanno perso ogni significato, che fabbricano magliette a 1 euro e le rivendono a 100, per intenderci, sono tentati dalla nouvelle vague dalla sartorialità.
Per usare due categorie marxiste, il lavoro astratta che si cela dietro un capo di abbigliamento dall’origine incerta (cinese…) e dal valore discutibile cede lo scettro ad un prodotto realizzato a mano da esperti artigiani. Questo almeno nelle intenzioni. Ecco quindi il proliferare di nuove marche: Kiton, Isaia, Sartorie Napoletane e toscane come se piovessero.
Che non fanno sartoria ma confezione. Buona, buonissima, ma pur sempre confezione.
Grandi griffe del lusso si affannano a rincorrere il nuovo consumatore facendo immaginare che dietro ogni loro singolo prodotto ci sia un bellissimo/a artigiano/a che con fare lento cuce a mano quella scarpa o quell’abito. Persino i gelati li scolpiscono a mano!
Ora il mercato appare quindi dicotomico: da una parte i marchi bassi, in tutti i sensi, dato che molti ci tengono a stampare il proprio nome sulle terga dei clienti, dall’altra quelli di estrazione più nobile.
In tutto questo, come sempre, il vero fatto a mano, gli artigiani, vengono nuovamente schiacciati.
Perché è facilissimo vendere una giacca come sartoriale, basta metterci due impunture bianche, un bottoncino slacciato alla manica e farci una foto. Così i giornali le rappresentano. Seguire una lavorazione manuale che può durare anche una settimana è invece più difficile.
Questo, in brutale sintesi, è ciò che avviene dalla parte della produzione.
La gran parte dei consumatori, come sempre, ha poca testa per discernere.
Così ecco nuovi stilemi modaioli, veicolati da blog come The Sartorialist e da alcuni produttori nostrani, garruli nella loro presunta eleganza.
Contraddicendo ciò che si diceva all’inizio del ‘900, che l’uomo davvero elegante non si nota, oggi si fa a gara a chi è più estroverso, colorato, gaio.
L’italiano, come sempre, rimane anche in questa perversione un modello da imitare. Le fotografie più presenti e lodate in Rete raffigurano un uomo eccentrico, con grandi sciarponi, pantaloni cortissimi, multi cromatico, con catene e oggetti che emergono da tasche e occhielli.
Un pagliaccio, in pratica. Che esaspera i singoli dettagli fino a scomparirvi dietro.
C’è differenza tra coloro e gli agenti immobiliari, con le loro cravattone gialle e blu e le scarpe a forma trapezoidale?
Nella sostanza forse sì, nella forma no. Ma siccome è la forma l’aspetto principale dei fenomeni modaioli, proprio come avviene per le donne, entrambi i canoni sono caricature dell’uomo elegante, fatte da due direzioni opposte ma sempre tali.
Abbiamo pubblicato sul nostro blog alcuni video dell’edizione americana di GQ, forse il periodico maschile più letto al mondo. Parlano di un italiano che non c’è, che esiste solamente in bassa percentuale. Ma pare ci rappresenti bene.
Il fatto che questi connazionali diventino modelli internazionali deve preoccuparci. E allarmare i veri sarti, quelli la cui opera si innesta in decenni di storia dello stile maschile, che non vogliono cucire giacche corte all’ombelico, pantaloni che si fermano sui polpacci e robetta simile.
Stilemaschile vuole quindi stigmatizzare tali eccessi affermando con forza che Della Valle non è elegante, il Principe Carlo sì, che Armani è vuoto, Ralph Lauren invece un grande teorico dello stile maschile, che una giacca sartoriale non è uguale ad una giacca fatta in sartoria e che, infine, il su misura vero è una cosa di ben altra risma rispetto al su taglia.
Ecco perché, in conclusione, l’uomo che vedrete rappresentato nei numeri di Stilemaschile percorre come una strada di stile quella della sobrietà. Magari con qualche vezzo. Ma l’impianto è e sarà quello classico.
“L’essenza del classico è una concentrazione del fenomeno intorno a un punto fisso centrale, la classicità ha un carattere raccolto, che non offre appigli su cui innestare modifiche che possano portare turbamento o a una distruzione dell’equilibrio… E’ per questo che si parla (a proposito dell’arte greca ad esempio, ndr) di ‘serenità classica’… è esclusivamente la concentrazione del fenomeno che non permette a nessuna parte un rapporto con forze e destini che siano estranei a esso e risveglia il sentimento che questa forma sia sottratta agli influssi mutevoli della vita.” (Georg Simmel, ‘La Moda’, 1911)
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.