Racconto di ordinari tormentoni linguistici.
Torno a Milano dopo un po’ di tempo.
A Milano hanno dedicato libri, canzoni e non so più cosa: Milano, lo sappiamo, non è Roma, non è Venezia, non è Napoli, ma è una di quelle città il cui fascino è nascosto e lascia che ognuno di noi lo scopra secondo il proprio carattere, il proprio “io”.
Un amico mi aveva avvertito: “guarda che qui fa ancora freddo e piove a dirotto”.
Mi abbiglio di conseguenza nonostante la stagione volga, ormai, a quella devota alle messi (e purtroppo anche alle masse).
Arrivo finalmente e scendo dal treno e la sindrome di estraneità, alla “Totò e Peppino” per intenderci, comincia a pervadermi: non è vero che faccia ancora freddo!
Per fortuna che il tessuto Fresco saprà supplire a tale errore anche se un luminoso mohair avrebbe meglio tutelato il mio corpo.
L’ombrello fatto dall’amico Chino (
Francesco Maglia per chi legge) più che per la pioggia potrebbe aiutare a proteggermi da fratello sole.
La sindrome di cui sopra, però, mi pervade in maniera crescente quando inizio a colloquiare con colleghi, amici e clienti: le cascate di “piuttosto che” e ” quant’altro” mi fanno sentire più suonato di chi le ha appena prese in contemporanea da Tyson, Hagler e per il ‘Made in Italy’ mettiamoci pure il nostro Benvenuti.
All’ennesimo tormentone sfoggiato con noncuranza mi sorgono le seguenti domande:
Ma qualcuno l’ha mai fatto notare che “piuttosto che” ha una funzione disgiuntiva e non comparativa, e anche se fosse sarebbe avversativa?
Ma qualcuno l’ha mai fatto notare che ” quant’altro” non vuol dire proprio niente e che invece ” et cetera” sarebbe più’ consono?
Dove siano nate queste distorsioni linguistiche mi è ignoto, forse in tv piuttosto che alla radio…
Vabbè, meglio dedicarci a trovare refrigerio cercando qualcosa di fresco da bere, da mangiare e quant’altro…